Per esprimere un giudizio sulla querelle ucraìna occorre partire da qualche premessa chiarificatrice.
Come è noto, in democrazia, l’esercizio del potere di uno Stato si regge su due consensi, quello interno e quello internazionale. Il primo accorda il diritto a governare e conferisce al soggetto prepostovi la sovranità, attribuisce, cioè, il potere a fare le leggi e farle rispettare entro i confini dello Stato e, teoricamente, dà autonomia di trattativa in piena parità con gli altri soggetti internazionali. Il secondo, che si ottiene in seguito al riconoscimento internazionale, legalizza “l’autonomia di trattativa” e colloca il paese in una specifica posizione dell’ordine mondiale ed all’interno di dichiarate alleanze. Ciò significa condividere la natura delle relazioni tra tutti gli Stati “riconosciuti” e ammettere l’asimmetria del potere esercitato dal singolo stato membro nel contesto geopolitico mondiale. In sintesi, condividere l’ordine mondiale comporta l’ammissione della strutturazione geopolitica gerarchico-piramidale del Pianeta, con uno o più vertici.
Nella storia dell’Uomo non si è mai verificato che il mondo conosciuto fosse dominato da una sola potenza, bensì da più centri di potere. Per venire a tempi assai vicino a noi, dopo il crollo del bipolarismo (1991), in seguito alla dissoluzione dell’URSS, a partire dai primi anni del XXI secolo, il mondo si sta strutturando su tre grandi aree d’influenza, che fanno capo ad altrettante potenze egemoni “mondiali” (USA, Russia e Cina), su alcune entità politiche “regionali” (Unione Europea, India) e su Stati, che, per la loro posizione strategica, ambiscono ad entrare in quest’ultimo novero (Arabia Saudita, Brasile, Iran, Turchia ecc.)
Sulla scorta di tali premesse, sviluppiamo la lettura della questione ucraìna muovendoci su diversi piani di competenze e di autonomia, partendo dal punto di vista dei soggetti interessati.
Guardiamolo dal lato dell’Ucraìna che riafferma il diritto di sovranità.
Un paese che ha sofferto la pressione sovietica (politica, economica e militare) per circa mezzo secolo, venuti meno i legami imposti dalla coatta coabitazione con l’URSS sancita dagli accordi di Yalta nel 1944, ha il diritto di scegliersi liberamente le proprie alleanze e di rivendicate la prerogativa di difendere la sovranità nazionale da attacchi nemici: pretesa legittima e sacrosante in àmbito locale.
Guardiamolo dal lato della Russia.
In base alla versione fornita dai Russi, prima della dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, avvenuta il 25 Dicembre 1991, si era pervenuto ad un accordo non scritto tra il Presidente degli Stati Uniti d’America G.H.W. Bush e quello dell’URSS, M. Gorbaciov, secondo il quale, in cambio dell’unificazione della Germania, la NATO si sarebbe impegnata a non attrarre nella propria sfera d’influenza tanto i restanti paesi satelliti del Patto di Varsavia (Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria e Romania) quanto le Repubbliche ex-sovietiche, di cui l’Ucraina faceva parte. Nel tempo tale intesa è stata elusa. La NATO, facendo leva sullo strumento di cooperazione fornito ad essa dall’accordo di Partenariato per la Pace (PfP) e sul principio di tutela delle sovranità nazionali, ha spostato il proprio perimetro funzionale verso Est portandolo quasi a ridosso dei confini con la Russia, ridimensionandone l’egemonia regionale e minandone la sicurezza nazionale. Sulla scorta di tali motivazioni. Dopo la perdita del controllo geopolitico sui paesi satelliti, Mosca non intende rinunciare a quello sulle ex-repubbliche sovietiche che permette ad essa di mantenere il ruolo di “potenza mondiale”. Pertanto, il governo russo oggi chiede all’Organizzazione del Trattato Atlantico di non inglobare l’Ucraìna nel proprio raggio d’azione politico-militare: pretesa altrettanto legittima in àmbito internazionale.
Lo stallo in cui si è trova la questione ucraìna è determinato dal coinvolgimento nella disputa di un soggetto terzo ed estraneo all’Europa, per cui i tre principali attori della scena geopolitica coinvolti svolgono il ruolo di arbitri e di giocatori e, a differente scala, sono portatori di istanze non sempre convergenti e spesso contrastanti.
Per gli USA – il terzo soggetto della disputa – ed in parte per i suoi principali alleati, l’obiettivo è quello di ridimensionare ulteriormente il ruolo della Russia nel continente auro-asiatico, già massicciamente ridotto dopo la fine del bipolarismo USA-URSS.
Giova ricordare che la Russia, sin dal tempo degli zar, ha sempre sofferto la “sindrome di accerchiamento” a causa della sua posizione geografica che conferisce al paese, per Makinder, una forte centralità continentale rappresentando l’heartland dell’Eurasia, ma, per Spykman, ridotte possibilità di accesso ai mari e, quindi, di coltivare rapporti con paesi lontani e di controllare il rimland, il cuore delle rotte marittime e geopolitiche mondiali. La presenza della NATO in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia contrae di molto lo sbocco ai mari dell’emisfero boreale, fatta astrazione per Leningrado e la rotta artica, entrambe le finestre non fruibili in tutti i mesi dell’anno a causa dei ghiacci. La Crimea – già russa, poi ucraìna, ora nuovamente russa – costituisce l’unico corridoio che permetteva un rapido accesso al Mar Nero e, quindi, al Mediterraneo.
In tale contesto, l’Ucraìna e la Bielorussia rappresentano gli ultimi due avamposti a difesa della Russia, pertanto, in questo contesto storico, la prima si trova ad essere la vittima sacrificale alle contese delle due potenze che intendono esercitare la propria egemonia in Europa, USA e Russia. Non va trascurata la posizione della Cina, che, con la Russia, cerca di frenare l’espansione nordamericana in Eurasia e, da sola, di sviluppare la sua sfera d’influenza in Africa e nell’America centro-meridionale.
Come è evidente gli interessi in gioco sono al di sopra delle sovranità nazionali, ma si intrecciano con queste ultime. Per risolvere la disputa occorre solo il buon senso e la saggezza del buon padre di famiglia delle potenze che partecipano alla stabilità dell’ordine mondiale: USA e Russia debbono trovare un compromesso che scontenti meno possibile gli attori diretti della contesa (Russia, Usa, Ucraìna) e quelli indiretti (Unione Europea e Cina)
Nella storia recente situazioni analoghe si sono già verificate e, per fortuna, risolte.
La crisi di Cuba del 1962 costituisce un esempio eloquente, quando si venne a creare una situazione quasi analoga. Di fronte alla presa di posizione legittima e forte da parte del presidente degli USA J. Kennedy, N. Cruscev decise di smantella le basi missilistiche da Cuba ed evitò una sanguinosa contrapposizione.
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