La visita di Nancy Pelosi – la terza carica istituzionale degli Stati Uniti d’America – è stata percepita come una palese provocazione, posta in essere dagli USA nei confronti della Cina, vuoi da esperti osservatori politici, vuoi dal comune sentire della gente. L’ovvietà della deduzione induce a porci la domanda: “quale obiettivo intendono raggiungere oppure quale forza/circostanza vogliono sondare i fini strateghi geopolitici della Casa Bianca e non solo”?
Per comprendere il peso della posta in gioco, è opportuno tratteggiare il quadro d’assieme dell’estesa massa oceanico-continentale, denominata Indo-pacifico, sui cui oceani affacciano gli Stati di due continenti ed irrompono le rispettive strutture sociali, economie e politiche. La regione si giova della prerogativa di annoverare gli stati del mondo più estesi, Russia e Cina – fatta astrazione dal Canada -, più popolati, Cina ed India e più ricchi gli USA. La sezione orientale ospita il 60% della popolazione, del PIL e dei traffici marittimi mondiali ed è connotata da una diseguale distruzione della popolazione sul territorio, in quanto, alle ampie aree interne spopolate, e talvolta deserte, si contrappongono le fasce costiere e quelle rivierasche dei più importanti fiumi fortemente antropizzate, ove sorgono 20 delle 33 megalopoli mondiali.
Con la fine della Guerra Fredda, col crollo del bipolarismo USA-URSS, con la chiusa della breve parentesi ventennale dell’incontrastato monopolarismo statunitense, con la crescita economica galoppante della Cina e con l’imperiosa ascesa di quest’ultima a grande potenza mondiale, l’Indo-Pacifico è divenuto il palcoscenico principale dove si estrinseca la contrapposizione tra i governi di Washington e di Pechino. Ad alimentare la disputa si uniscono gli interessi della Russia, che, a mano a mano, si vede eroso il ruolo di super-potenza (con la guerra in Ucraìna, la Russia vuole dimostrare la Mondo che il suo ruolo di potenza mondiale è intatto), e quelli di Stati minori, quali India, Turchia, Iran, Sudafrica, Brasile, che aspirano a svolgere funzioni regionali. In sintesi, il quadro che si sta componendo descrive uno scacchiere geopolitico mondiale multipolare.
In tale nuovo scenario, la Cina non tollera ingerenze straniere nella politica interna/internazionale di Taiwan, che potrebbero nel tempo ostacolarne l’annessione, cui si oppone, confidando sul crescente vantaggio competitivo sulla scena mondiale e sui fatti storici che riconoscono Taiwan come una parte del territorio cinese, staccatosi in seguito alla sconfitta del Koumintang ed alla riparazione, nel 1949, di Chang Kai-shek nell’isola ove proclamò la Repubblica di Cina, in contrapposizione alla Repubblica Popolare Cinese di Mao Zedong.
Per le motivazioni esposte ed allo scopo di contenere l’espansione cinese nel mondo, di recente, gli Usa hanno intrecciato un’intensa attività diplomatica con i principali attori/partnes politici dell’area, con cui concludere accordi di varia natura. Tra questi spiccano il QUAD (Quadrilateral Security Dialogue), perfezionato solo nel 2021 e siglato tra Australia, Giappone, India ed USA; l’IPEF (Indo-Pacific Economic Framework for Prosperity), concluso nell’Ottobre 2021, cui hanno aderito Australia, Brunei, India,
Indonesia, Isole Fiji, Giappone, Corea del Saud, Malaysia, Nuova Zelanda, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam; l’AUKUS, firmato il 15 Settembre 2021 tra Australia, Regno Unito e USA oltre ad altri accordi minori, per importanza, per tema e per aree interessate.
I primi due protocolli d’intesa si prefiggono di contrastare l’ascesa geopolitica, economica e militare della Cina nell’Indo-pacifico, evitando, tra l’altro, che, nel breve volgere di pochi anni, le Filippine possano essere attratte nella propria orbita economico-politica. In particolare, i patti tendono ad evitare che il governo cinese, esercitando l’assoluto controllo delle rotte marittime passanti per il collo di bottiglia dello Stretto di Malacca sino alle isole Andamane e Nicobar, possa avere il predominio commerciale nei due oceani. L’ultimo, invece, prevede il trasferimento di sottomarini a propulsione nucleare al governo dell’Australia, concessione che, insieme alla condivisione delle capacità informatiche, statunitensi e inglesi, permetterà al Paese di potenziare la sua capacità di deterrenza e di controllo nella Regione.
Accordi a tutto tondo che, con la tutela del monopolarismo statunitense e col contrasto all’ascesa della Repubblica Popolare Cinese a potenza mondiale, gli Stati Uniti d’America si prefiggono, essenzialmente, di canalizzare verso l’Occidente il dinamismo economico dei paesi ad economia capitalista dell’Indo-Pacifico, i quali, per le loro attuali prerogative, tendono a fare dell’area il futuro motore della crescita economica globale.
Ora che, a nostro avviso, il quadro è meglio definito, non è azzardato pensare che la provocazione, innescata dalla visita di Nancy Pelosi a Taipei ed ingenuamente raccolta dai Cinesi, sia stata scientemente posta in essere dagli Stati Uniti d’America, per sondare la potenza di fuoco del Paese di Mezzo e confrontarla con la forza militare delle altre autorità interessate al controllo dello scacchiere geo-economico e politico Indo-Pacifico; solo fatti e circostanze che si verificheranno in un prossimo futuro potranno convalidare o smentire la nostra supposizione.
L’annuncio del 19 Agosto 2022, sull’avvio ufficiale di trattative per un accordo commerciale tra i governi di Washington e di Taipei potrebbe costituire un primo riscontro alle nostre ipotesi.
Nicolino Castiello
Copertina: Fonte: Limes, 2021, n.9, carte a colori riportate tra le pagine 16 17
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